Un sacco et(n)ico: un progetto di mediazione linguistico-culturale per la sostenibilità

Il progetto Un sacco et(n)ico si rivolge ad alcune attività di ristorazione etnica nelle città di Milano, Bergamo e Brescia utilizzando l’approccio della mediazione linguistico-culturale per raggiungere due obiettivi specifici: comunicare a ristoratori e ristoratrici le restrizioni introdotte dalla Direttiva Europea Single Use Plastics (Direttiva SUP), che ha vietato l’immissione sul mercato di diversi prodotti in plastica monouso utilizzati dalle attività di ristorazione in particolare per i servizi di asporto e di consegna a domicilio; migliorare la qualità della raccolta differenziata dei rifiuti prodotti da questo tipo di attività.

A Bergamo e Brescia il progetto è stato esteso all’intero territorio comunale, mentre a Milano, dato l’elevato numero di ristoranti etnici presenti, si è scelto di focalizzare il lavoro su tre zone specifiche e molto caratterizzate: Paolo Sarpi (ristorazione prevalentemente cinese), NoLo/Via Padova (ristorazione prevalentemente sudamericana) e Porta Venezia/Buenos Aires (ristorazione prevalentemente africana e mediorientale).

Hanno partecipato al progetto l’associazione EStà in qualità di capofila, il Dipartimento di Lingue, letterature, culture e mediazioni dell’Università degli Studi di Milano, le associazioni Ruah e ADL a Zavidovici che utilizzano la mediazione come strumento di lavoro rispettivamente su Bergamo e Brescia e le società Amsa e Aprica che si occupano della raccolta differenziata dei rifiuti nelle tre città coinvolte.

Guida alla raccolta differenziata per i ristoranti

Le fasi operative del progetto

Il progetto è iniziato a marzo 2021 con l’analisi del contesto per capirne le criticità, la mappatura delle attività di ristorazione con cui relazionarsi, la selezione e formazione dei mediatori e mediatrici sui temi di progetto (14 persone, 6 moduli formativi e una visita sul campo con Amsa/Aprica), la predisposizione degli strumenti e dei materiali funzionali all’interazione con i ristoranti. Le attività sul campo, cuore del progetto, sono iniziate ad ottobre 2021 e sono terminate a luglio 2022: si tratta di tre tipologie di incontri one-to-one organizzati presso i ristoranti per informarli (incontro di pre-ingaggio) e formarli (incontro di ingaggio) sui temi specifici del progetto e per valutare l’efficacia dell’intervento (incontro di monitoraggio). Nella fase di informazione (pre-ingagio) i mediatori e le mediatrici culturali hanno contattato più di 300 ristoratori nelle tre città spiegando loro il progetto e fornendo le prime informazioni di base attraverso alcuni materiali (per esempio le linee guida della raccolta differenziata) disponibili in sei lingue (italiano, inglese, cinese, turco, urdu, arabo). Con i 58 ristoratori e ristoratrici che hanno accettato di partecipare all’intero percorso progettuale è stato fatto un secondo incontro, di formazione (ingaggio): il personale di Amsa/Aprica, sempre accompagnato da mediatori e mediatrici, ha condotto un’analisi visiva della raccolta differenziata per capire eventuali errori e fornire immediatamente indicazioni per correggerli. Con il supporto di due poster, sono state illustrate le restrizioni introdotte dalla SUP sui prodotti in plastica tradizionale monouso, le alternative compostabili da utilizzare nei casi in cui non sia possibile sostituire i prodotti monouso con prodotti durevoli; è stato quindi spiegato come riconoscere e smaltire correttamente i prodotti compostabili (è stato trattato anche il tema della certificazione di compostabilità). Durante gli incontri di formazione (ingaggio) sono state raccolte diverse informazioni sia di contesto che specifiche sulle tematiche di progetto (il peso dei servizi di asporto e consegna a domicilio, il tipo di prodotti in plastica monouso utilizzati, gli errori nelle diverse frazioni della raccolta differenziata,…). Queste informazioni vengono registrate su una app open-source – KoboToolbox (una piattaforma di raccolta, gestione e visualizzazione dei dati utilizzata a livello globale per le azioni umanitarie), disponibile sui cellulari del personale sul campo – che consente di geolocalizzare i dati raccolti e di inserire anche informazioni multimediali, come foto e audio. I dati raccolti sono quelli necessari a verificare l’efficacia del progetto: a distanza di un paio di mesi viene fatto un terzo incontro (monitoraggio) in cui si rilevano eventuali miglioramenti sia nella qualità della raccolta differenziata (seconda analisi visiva) sia nell’utilizzo di prodotti in plastica monouso (eliminazione di prodotti monouso, sostituzioni con prodotti compostabili o durevoli), si raccolgono dai ristoratori e delle ristoratrici i feedback sul progetto e si consegnano gli attestati di partecipazione.

Formazione alle mediatrici e ai mediatori
Workshop in occasione del festival Giacimenti Urbani

La mediazione linguistica e culturale come strumento di nudging

Il progetto Un sacco et(n)ico ha risposto al bando 2020 Plastic Challenge di Fondazione Cariplo, volto a sostenere iniziative finalizzate alla prevenzione e alla riduzione del consumo di imballaggi in plastica monouso attraverso strumenti di nudging.

La nudge theory si basa sull’utilizzo di “spinte gentili” per cambiare le scelte delle persone, orientandole verso determinati comportamenti: in questo particolare caso, verso scelte ambientalmente più sostenibili. Il nudging (la spinta gentile) non fa ricorso né a strumenti coercitivi o comunque di restrizione della libertà (come, ad esempio, divieti e sanzioni), né a incentivi economici (come, ad esempio, la tassazione di alcuni prodotti o dispositivi premiali). Agisce invece ampliando le alternative a disposizione dei soggetti, un ampliamento che si accompagna a un’azione di informazione riguardo alle nuove opzioni e di rinforzo delle intenzioni di comportamento “virtuoso”.

Il progetto Un sacco et(n)ico ha disegnato come strumento di nudging l’approccio della mediazione linguistico-culturale (MLC), portandolo fuori dagli ambiti in cui è tipicamente utilizzato (come quello scolastico, sanitario, legale e giudiziario, umanitario e in generale quello della prima accoglienza dei migranti), per dirigerlo invece sul settore del commercio e in particolare sul tema della sostenibilità ambientale. Al cuore della MLC c’è la competenza traduttiva della parola scritta, dell’oralità e per il web (e nel progetto sono entrate in gioco tutte e tre), infatti il primo compito di ogni meditatore e mediatrice è quello di facilitare il più possibile lo scambio linguistico; ma rispetto alla traduzione o all’interpretariato intesi in senso puramente strumentale, la MLC mette in gioco la capacità di fare sintesi tra pratiche culturali differenti: rendere lingue e culture mutualmente accessibili, aprire la possibilità di scambio e negoziato, contribuire a creare nuova conoscenza, potenzialmente capace di innescare il cambiamento e di ispirare nuovi modi di pensare e nuovi comportamenti. La MLC chiede che i suoi agenti prendano parte attiva nel processo comunicativo e contribuiscano a perseguirne gli obiettivi; finisce così con l’abbracciare elementi che hanno spesso natura solo marginalmente linguistica e più pronunciatamente elementi di tipo extra-linguistico, coinvolgendo componenti cognitive e affettive insieme (oltre che le esperienze personali del mediatore o della mediatrice). Nello specifico del progetto, viene riconosciuta come un’attività di MLC, rilevante seppure informale, anche quella che ristoratori e ristoratrici svolgono spontaneamente tra le pratiche culturali delle loro rispettive comunità.

Conclusioni

Il progetto rappresenta un esperimento di applicazione della mediazione linguistico-culturale all’ambito della sostenibilità, partendo dal riconoscere che quest’ultima non è un concetto autoevidente, né una pratica ovvia, ma sempre situata in contesti che sono anche linguistici e culturali. In particolare si propone come modello di azione per orientare i comportamenti di ristoratrici e ristoratori, creando situazioni di reciproca conoscenza tra diversi soggetti fuori da ogni contesto sanzionatorio.

La rilevanza del progetto è dimostrata, oltre che dai risultati ottenuti, anche dai numeri dei ristoranti coinvolti: oltre 300 ristoranti contattati e informati sui temi del progetto (200 a Milano, 60 a Bergamo, 70 a Brescia); 58 ristoranti formati nel dettaglio (37 a Milano, 9 a Bergamo, 12 a Brescia); 49 ristoranti con i quali è stata fatta una verifica sui risultati della formazione (32 a Milano, 7 a Bergamo e 10 a Brescia).

I risultati del progetto dimostrano che l’approccio utilizzato ha funzionato. È diminuito l’utilizzo di food service (posate, bicchieri, piatti, contenitori per alimenti…) in plastica tradizionale monouso, in particolare su questo aspetto il 69% dei ristoranti ha adottato una pratica più sostenibile (ha eliminato un prodotto in plastica monouso, oppure l’ha sostituito con un prodotto compostabile o durevole), il 49% dei ristoranti ha sostituito almeno un prodotto monouso in plastica tradizionale con uno compostabile. È migliorata la qualità della raccolta differenziata, in particolare sono diminuiti i ristoranti che non hanno i bidoni dedicati alle diverse frazioni (presupposto per una buona raccolta differenziata) e sono diminuiti, in tutte le frazioni, gli errori commessi.

La mediazione linguistico-culturale si rivela un ottimo strumento di nudging, utile per costruire comunità sempre più rispettose dell’ambiente. Tramite questo approccio sono state create relazioni di fiducia, collaborative e proficue per tutte le parti coinvolte e sono stati trattati temi complessi in maniera semplice e concreta.

Pubblicazioni di progetto correlate: 

Indicazioni operative
Operational guidelines
Il progetto
The project