Global minds

Global minds

5 Gennaio 2017

 
La realtà in cui siamo immersi è complessa e fonde in un tutto indistinto elementi temporali, spaziali, materiali, cromatici, quantitativi, acustici, olfattivi… Per renderla più comprensibile la mente umana la analizza, ossia la separa in categorie più circoscritte. Questo procedimento è alla base di molti concetti che gli esseri umani usano quotidianamente, quali i colori, i numeri, le grandezze etc. Lo stesso procedimento è all’origine delle cosiddette “discipline” con molte delle quali ciascuno tra noi familiarizza a partire dalla scuola e dall’insegnamento separato in ore di “storia” , di “geografia” , di “letteratura”, di “economia” etc. Le categorie sono pertanto indispensabili per rendere la realtà comprensibile alle nostre menti, ma la loro definizione e il loro uso implicano un’analisi critica intorno a tre grosse questioni. La prima è la necessità di riconoscerne il carattere non oggettivo. Le discipline si sforzano di trovare una propria base condivisa (l’epistemologia), ma si tratta di uno sforzo in continuo aggiornamento, non di un risultato. Nella categoria “colori” vi sono popoli che chiamano “bianco” quello che altri popoli suddividono in decine di altre categorie. Nella categoria “tempi verbali” vi sono popoli che usano una o due forme di tempo presente, altri che ne usano decine. La seconda questione, è collegata con la prima. Ogni cultura sviluppa alcune categorie di pensiero e le radica al punto tale che i singoli perdono di vista il carattere di costruzione artificiale e tendono a considerarle naturali. Un esempio tra tutti è la tendenza disgiuntiva del nostro modo di ragionare, tendenza radicatasi nel cosiddetto “Occidente” a partire dagli ultimi tre-quattro secoli. Dalla diffusione del razionalismo cartesiano in poi le menti di chi cresce in questa parte del mondo tendono automaticamente a pensare in modo “separante”. L’aut/aut, ossia il pensare che una cosa o è in un modo o altrimenti deve essere in un altro, è un tratto del nostro modo di ragionare. In realtà molto spesso caratteristiche contraddittorie o addirittura opposte possono convivere nello stesso oggetto (o soggetto), così come insegnano i grandi pensatori orientali: ciascuno tra noi può essere razionale ed emotivo, affettuoso o collerico in funzione della specifica situazione in cui si trova. Il terzo problema è il più grave ed è a sua volta collegato con il precedente. Se la nostra mente per conoscere la realtà ha bisogno di separarla in categorie, la realtà nella sua essenza è un tutto unico e inseparabile. Pertanto, dopo aver affrontato il momento dell’analisi, la nostra mente dovrebbe concludere il processo cognitivo con il momento della sintesi, attraverso il quale ridare alla realtà il suo aspetto effettivo. Ma questo solitamente non avviene. Poche persone vengono educate a pensare sia in modo analitico, sia in modo sintetico, a separare il locale dal globale, le discipline le une dalle altre, le cause dagli effetti, e poi a ricondurre a sintesi il globale, l’interdisciplinare, le retroazioni.   Il rinforzo e la penetrazione capillare del modello analitico (separatore) è stato al contempo effetto e causa del tipo di struttura sociale ed economica che si è diffusa durante i decenni dell’industrializzazione di massa. Negli anni del fordismo e del taylorismo l’organizzazione del lavoro era fortemente compartimentata: la differenza tra tempi di lavoro e tempi di vita era netta, i ruoli lavorativi rigidi e tendenzialmente invariabili, la specializzazione prevaleva sia nelle strutture sociali (la famiglia in primis), sia nelle strutture produttive. La crisi del fordismo ha modificato profondamente l’organizzazione della realtà, e il nostro modo di pensarla ha risentito dell’avvento dei mezzi digitali che permettendo l’accesso immediato a un’infinità di dati e di contatti, suggerisce un modo di pensare non lineare e chiuso, ma ipertestuale, multimediale e aperto. In questo nuovo contesto l’idea di global mind, già promossa da Edgar Morin diversi decenni fa, trova un terreno più fertile. Essere una mente globale oggi non significa solo avere conoscenze in tanti campi disciplinari diversi, significa soprattutto essere in grado di connetterle in una lettura sintetica della realtà, che osservi i fenomeni da tanti punti di vista, ma sia contemporaneamente in grado di restituire in modo organizzato il prisma che ha composto. Il valore di queste letture sintetiche è molto maggiore della somma di tante letture separate; una mente globale agisce sulle inefficienze della separazione disciplinare, traducendo i linguaggi e i sistemi di codificazione specifici delle differenti discipline, in una lettura dove i salti sono appianati e le interconnessioni rese evidenti. Questo permette ad una mente globale di essere molto più efficiente nella progettazione di nuove idee, nuove attività e nella visione di scenari futuri. Sia la progettazione, sia la visione di scenari per loro natura sono attività chiamate a confrontarsi con una quantità di variabili appartenenti a campi diversi; tradurne gli iati in ponti e armonizzare problemi eterogenei verso soluzioni logicamente orientate, è uno dei tipi di lavoro in cui le global minds possono portare maggiore valore aggiunto. La capacità di muoversi in campi differenti aumenta inoltre la capacità di innovare e di rispondere creativamente ai problemi. Il controllo di un maggior numero di attrezzi mentali e l’abitudine a ricombinarli dota infatti le global minds di un ventaglio di possibilità superiore a menti abituate a ragionare in modo strettamente disciplinare. Spesso le riflessioni provenienti dal pensiero ambientalista sono un nutrimento per le global minds. La necessità di affrontare problemi complessi e non scomponibili in laboratorio come quelli posti dall’analisi degli ecosistemi è un’ottima palestra. Non a caso l’ONU ha creato il gruppo multidisciplinare dell’IPCC per studiare il problema dei cambiamenti climatici. Non a caso “innovazione eco-sistemica” può essere la definizione per uno dei campi d’azione privilegiati per una mente globale.

Infrastrutture per la mobilità cicloturistica come occasione di coesione territoriale

Infrastrutture per la mobilità cicloturistica come occasione di coesione territoriale

1 Ottobre 2016

 

Il cicloturismo è una forma di turismo focalizzata sulla bicicletta, come mezzo di trasporto e come scopo stesso della vacanza. In questa pratica turistica destinazione e viaggio stesso tendono ad essere obiettivi egualmente importanti. Ogni anno in Europa vengono effettuati 2,29 miliardi di viaggi di questo tipo, per un valore generato totale di 44 miliardi di euro. L’80% del valore, pari a 35 miliardi di euro, è costituito da escursioni giornaliere praticate dai residenti dei territori attraversati dalle infrastrutture cicloturistiche, mentre il 20% rimanente (9 miliardi di euro annui in Europa) è costituito da escursioni che prevedono almeno una notte fuori casa.

Diverse realtà territoriali in Francia, Germania, Austria e Trentino hanno pianificato infrastrutture cicloturistiche a lunga percorrenza, ma il mondo dell’attrattività territoriale sta diventando sempre più complesso e competitivo. Questa complessità è fonte di opportunità, per coglierle appare fondamentale porre un’infrastruttura al centro di un sistema più ampio, capace di coinvolgere un insieme coordinato di politiche pubbliche per creare occasioni di sviluppo economico che aumentino il valore generato e la sua diffusione sociale. Trasformare le ciclovie in un elemento identitario significa agire sul place branding di un territorio, intercettando ed incrementando i flussi di cicloturisti per produrre un valore aggiunto diffuso.

Nell’ottica delle applicazioni innovative di EStà le Ciclovie rappresentano dunque un bene pubblico esperienziale al centro di politiche di coesione territoriale per la mobilità, lo sviluppo economico e l’ambiente, realizzate attraverso la messa a sistema dell’attività ordinaria e di progetti innovativi realizzati degli attori locali e sovralocali.

Questo approccio è stato sperimentato da EStà all’interno dello studio di fattibilità per la Ciclovia Olona Lura, la proposta di un’infrastruttura cicloturistica leggera lungo i fiumi Olona e Lura, nel territorio compreso tra Varese, Como e Milano, in grado di connettere il confine tra Italia e Svizzera, all’interno di un itinerario europeo già esistente da Strasburgo a Como (Eurovelo5). Il progetto, sviluppato da un ampio partenariato di attori istituzionali locali e cofinanziato dalla Fondazione Cariplo, ha analizzato la fattibilità di uno scenario per realizzare l’infrastruttura come elemento di coesione territoriale, intorno alla quale sviluppare politiche per la mobilità, lo sviluppo economico e l’ambiente.
Obiettivo del progetto è il completamento dell’infrastruttura in larga parte già esistente (oltre il 48%), unendo in un unico anello diversi itinerari già presenti lungo i due fiumi. Realizzare la ciclovia per la mobilità ed il tempo libero dei residenti, arricchirà anche l’offerta turistica per la scoperta del patrimonio territoriale, con i numerosi luoghi della cultura, i due siti UNESCO ed il paesaggio pedemontano dei 7 Parchi Locali.

Nello studio di fattibilità EStà ha analizzato e mappato un’ampia varietà di elementi strutturali e di fenomeni potenzialmente legati alla costruzione della Ciclovia Olona Lura, con questo approccio sono emerse anche le relazioni di reciprocità tra tutti gli elementi: infrastrutture esistenti, flussi cicloturistici e turistici, criticità, intermodalità, paesaggio, beni culturali, dinamiche ambientali, servizi cicloturistici, economie territoriali, attori istituzionali, politiche territoriali, competenze normative.
L’analisi di contesto è il preludio per la definizione di uno scenario di sviluppo che dovrà passare da un processo di coesione e governance territoriale, per far sì che gli attori locali agiscano in modo coordinato, all’interno della cornice della ciclovia per la sua realizzazione unitaria.

Progettare Ciclovie attraverso masterplan sistemici ed integrati

In un mondo sempre più competitivo, realizzare infrastrutture significa allestire un valore aggiunto che, partendo per esempio dalla mobilità ciclistica, possa estendersi a diverse politiche pubbliche quali sviluppo economico, ambiente e coesione territoriale, con l’obiettivo di incrementarne gli impatti. La complessità di tale infrastruttura può essere ben sintetizzata all’interno di un masterplan sistemico.

Continue reading

Cicloturismo: moda passeggera o settore economico in crescita?

Il fenomeno del cicloturismo indica forme di turismo molto diverse in termini di obiettivo della vacanza, caratteristiche e tipologia di servizi richiesti. Si spazia da vacanze itineranti su piste ciclabili protette, alla pratica sportiva della bici da corsa su strada e della MTB. L’analisi speditiva proposta da ESTà propone una sintesi di questi diversi elementi e dei costi (diretti e indiretti) ad essi associati.

Continue reading

Milano Sostenibile

Un vademecum di politiche urbane sul tema della sostenibilità ambientale rivolto agli amministratori locali. Composto da una panoramica sulle migliori azioni realizzate da città italiane ed europee e dalla descrizione delle fonti di finanziamento utilizzate. L’ultima parte presenta lo stato dell’arte della città di Milano relativamente a mobilità, gestione dei rifiuti urbani, consumo di suolo.

Continue reading