Produrre cibo altera il nostro clima?

© Chester Holme, Jack Wills

Il sistema alimentare è uno dei principali responsabili dell’emissione di gas serra. La letteratura scientifica arriva ad attribuirgli a livello globale un contributo fino al 57% delle emissioni totali. Lo speciale descrive quali sono i contributi delle diverse componenti del sistema agroalimentare e riassume i dati disponibili dalla scala nazionale a quella locale.

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Nei sistemi complessi, i confini contano

© Tom Haugomat, Nobrow 9

Nei sistemi complessi, i confini contano

25 Ottobre 2016

© Tom Haugomat, Nobrow 9
© Tom Haugomat, Nobrow 9
 

Il fiume Whanganui, che con i suoi 290 chilometri è il terzo per lunghezza della Nuova Zelanda, scorre in parte nell’omonimo Parco Nazionale conosciuto per essere l’habitat del kiwi bruno (Apteryx mantelli) e dell’anatra blu (Hymenolaimus malacorhynchos). L’unicità del suo ecosistema non è l’unico motivo per cui verrà ricordato. Nel 2012 il fiume si è reso protagonista di una rivoluzione legale, un accordo tra la comunità locale e il governo centrale, che lo ha dotato di uno status giuridico. Nel tempo, anche altre foreste e riserve della North Island hanno perseguito questa strada, come il Parco Nazionale Te Urewera. Il gruppo Maori che abita queste terre ha stretto un accordo con il governo neozelandese, il Te Urewera Act del 2014, per garantire a questa fetta di terra l’entità legale che le attribuisce tutti i diritti, poteri, doveri e responsibilità di una persona giuridica. Il sistema “Parco Nazionale Te Urewera” e il sistema “fiume Whanganui” si sono evoluti.

Contribuiscono ad essere parte degli elementi del sistema Te Urewera la biodiversità, il prezioso sistema ecologico indigeno, il patrimonio storico e culturale, i luoghi della riflessione spirituale, il rapporto sedimentato con i Tūhoe che lo abitano. Dal 2014 anche un inedito status legale. Questi elementi sono accomunati dall’essere loro stessi dei sistemi. Accettando la definizione contenuta in Thinking in System. A Primer di Donella Meadows, osservano tre caratteristiche: resilienza, auto-organizzazione e gerarchia. Questo basterebbe a spiegare il perché un sistema funziona o fallisce, ma la realtà dei sistemi dinamici dimostra che la dimensione influenza lo scopo per cui un sistema è stato ridotto ad un modello.

Per progettare questo Parco Nazionale sono stati introdotti dei confini fisici. Quando dobbiamo fotografare un sistema, è sempre necessario inventare dei confini. Nel caso del parco possono essere artificiali, naturali o politici; non corrispondono a delle vere e proprie discontinuità fisiche o in qualche modo oggettive. I confini di questo e di tutti gli altri Parchi Naturali (nodi di un sistema più ampio), sono attraversati da popoli, dagli animali selvatici che migrano, dalle acque che scorrono in entrata e in uscita e nel sottosuolo, dagli effetti dallo sviluppo economico ai margini del parco, dal cambiamento climatico prodotto dai gas serra nell’atmosfera. Non esistono sistemi separati, in quanto la Terra, che appartiene anch’essa ad un sistema, è un continuum.

Il fiume Whanganui attraversa l’area protetta del relativo Parco Nazionale solo per una piccola parte dei 290 chilometri per cui si snoda nella North Island. Il confine del pensare ad azioni dirette su questo fiume, ad esempio relative al monitoraggio della qualità dell’acqua, si allarga all’intera asta fluviale e non alla sola parte tutelata, comprendendo anche il suolo che lo circonda e il suo bacino idrografico, ma non lo spartiacque successivo e l’intero ciclo idrogeologico planetario. Allo stesso modo per gestire un parco è necessario pensare a confini più ampi del perimetro ufficiale disegnato sulle mappe, senza arrivare però a considerare l’intero pianeta.

Confini geografici, ma soprattutto confini nei modelli di rappresentazione della realtà. Il Te Urewera, visto la rinuncia del Governo alla sua formale proprietà, è un lembo di terra che agli occhi della legge vale quanto un Tūhoe che lo abita. Il sistema si è trasformato, in quanto il mondo naturale ha acquistato nuove interconnessioni, perdendone altre, allargando e re-stringendo confini.

Da qui l’importanza e la difficoltà nel collocare i confini di un sistema, affinché si inneschino all’occasione le modifiche al suo comportamento, ovvero una variazione controllabile dei flussi di informazione tra le interconnessioni (utilizzando il linguaggio del Sustainability Institute).

I Consigli del cibo: uno strumento di attuazione delle politiche alimentari urbane

© Max Guther

I Consigli del cibo sono istituti diffusi in tutto il mondo e rappresentano uno strumento attraverso il quale i governi locali dialogano con le diverse componenti della società in merito alle questioni che caratterizzano il sistema alimentare della città. L’analisi proposta da EStà individua le dieci dimensioni rilevanti per la strutturazione di un Consiglio del Cibo inquadrandole anche all’interno del contesto metropolitano milanese.

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Per leggere la realtà non bastano gli occhiali

© Harriet Lee Marrion, Dragon

Esistono ancora i distretti industriali? Quali sono le prospettive della manifattura? Le aree montane sono destinate ad agricoltura e turismo oppure possono conservare anche altre attività economiche? Una ricerca a 360° nella capitale mondiale dell’occhialeria sui destini produttivi del territorio.

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Le Dieci Questioni della Food Policy

© Jun Cen, Organizing kitchen utensils and gadgets

EStà ha schematizzato le diverse problematiche del sistema alimentare di una città nel modello delle Dieci Questioni; tali problematiche – correlate con gli aspetti della vita quotidiana dei cittadini, con le politiche messe in atto dai soggetti privati, con le iniziative del terzo settore e con le competenze e gli ambiti di intervento del governo locale – sono strettamente interdipendenti tra loro.

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