Scenari e questioni rilevanti
Le città contemporanee sono sistemi in crescita, sia in dimensione, sia in complessità. Secondo le previsioni dell’ONU nel 2050 il 66% della popolazione umana vivrà nelle città (oggi la percentuale è vicina al 55%), ed in molte area del pianeta la crescita riguarderà soprattutto i centri urbani vicini ai mari.
Il tema se da un punto di vista quantitativo tocca in particolare le metropoli del Sud del mondo, da un punto di vista qualitativo riguarda le città di ogni latitudine: il mondo diviene più interrelato, differenziato, interdipendente e le città sono i luoghi dove questi flussi si incrociano ad alta velocità, producendo questioni sempre nuove.
Questa complessità crescente richiede politiche adeguate, capaci di pianificazione a medio-lungo termine in grado di affrontare in modo sistemico i problemi e di valorizzare le opportunità. Clima e ambiente, diseguaglianze sociali e migrazioni sono gli ambiti in cui negli ultimi anni le grandi città europee stanno ragionando relativamente al proprio ruolo, arrivando in alcuni casi a chiedere agli stati nazionali maggiore autonomia nella gestione delle relative politiche.
Fra le questioni sempre più rilevanti per il futuro delle città si collocano sia la dipendenza dall’esterno per ciò che attiene alcuni flussi e stock strategici (energia, cibo, acqua, suolo), sia la crescita continua dei rifiuti prodotti, anch’essi fonte di dipendenza da fattori esterni per il loro smaltimento, oltre che causa di costi e inquinamento.
L’economia circolare
A questi due temi/problemi offre una risposta sistemica l’economia circolare urbana. L’economia circolare è una modalità di organizzazione della produzione che si basa sulla trasformazione degli scarti in nuova materia prima. Questa modalità si inserisce all’interno del più ampio movimento di transizione dell’economia globale verso un modello ecologicamente e socialmente sostenibile. Se nel campo dell’energia le fonti rinnovabili (solare ed eolico in particolare) appaiono la risposta più adeguata per coniugare riduzione dei danni ecologici e innovazione economica, nel campo della materia è la cosiddetta “economia circolare” lo strumento per produrre gli stessi impatti. La progettazione di oggetti e apparecchi destinati a non divenire rifiuti, l’utilizzo degli scarti come materia prima per nuovi cicli, la riduzione della quantità di materia per unità di ricchezza prodotta (PIL) sono tutte pratiche che contribuiscono ad evitare che la materia disponibile si trasformi in scarti ambientalmente inquinanti ed economicamente inutilizzabili.
Le applicazioni urbane
Trasferito al campo urbano il principio dell’economia circolare (trasformazione degli scarti in nuova materia prima) appare sia una risposta adeguata ai due problemi segnalati in precedenza (dipendenza delle città da flussi esterni, produzione crescente di rifiuti) sia un veicolo per sviluppare nuove forme di lavoro all’interno del perimetro urbano. In generale i settori di applicazione dell’economia circolare possono essere diversi, mentre in ambito cittadino i due più interessanti appaiono la filiera delle costruzioni e la filiera del cibo. Nel caso delle costruzioni il riutilizzo di materiali provenienti da edifici precedenti riduce notevolmente il bisogno di importare nuovi materiali, abbassa la produzione di CO2 ed offre nuovi posti di lavoro in un settore che conosce una difficoltà seria negli ultimi anni. Perché la circolarità dei materiali possa trovare effettiva applicazione occorrono una serie di pre-condizioni: un disegno intelligente dei nuovi edifici, procedure efficienti per la separazione dei materiali provenienti dalle demolizioni, facilitazioni e stimoli da parte degli enti pubblici.
Cibo e circolarità urbana
Nel caso del cibo le basi della filiera circolare si appoggiano sulla vasta produzione di materiali organici che all’interno di una città provengono non solo dalle imprese produttrici e distributrici, ma anche dai mercati alimentari pubblici e privati, dai piccoli esercizi e dalla grande platea dei cittadini. La massa indistinta dei rifiuti organici può essere trattata in maniera differenziata per produrre una molteplicità di effetti: gli scarti degradati possono divenire sia fonti di energia, sia e soprattutto nuovo cibo o nuova materia prima (se separate in anticipo, alcune parti dei rifiuti organici possono essere la base per produrre nuovi alimenti, altre per produrre carta, collanti, materie plastiche); le grandi eccedenze dei mercati alimentari, prima di divenire rifiuti possono essere trasformati in conserve ( a seconda dell’alimento: marmellate, succhi, conserve sotto sale…) Queste ed altre operazioni offrono lavoro a nuove imprese, rendono la città più autonoma dall’esterno, ne riducono i rifiuti, ne sviluppano le economie e la rendono più sostenibile e competitiva.
Upcycling del cibo: impatti economici, ambientali, occupazionali
I processi di upcycling dei rifiuti organici possono essere suddivisi in diverse categorie in funzione di quanto valore aggiunto producono, quali esiti hanno sull’ambiente e quali sull’occupazione.
Il valore aggiunto economicamente più alto è generato da quelle operazioni che trasformano un rifiuto (ad esempio il pane secco) in un alimento o bevanda ad alto potenziale di mercato (ad esempio la birra). Questi casi (ai quali se ne possono aggiungere altri, tra cui la trasformazione degli scarti di caffè in funghi) producono tanto una forte crescita di valore economico tra il rifiuto iniziale e il prodotto finale, quanto uno stimolo all’innovazione e all’occupazione. All’opposto la trasformazione dei rifiuti in energia (tramite combustione) aggiunge ben poco valore economico, ha impatti ambientali negativi, produce meno innovazione, meno imprenditorialità ed occupazione. In un’area intermedia i cui valori aggiunti sono ancora da valutare si collocano infine altri utilizzi: rifiuti alimentari specifici che, in eventuale combinazione con ulteriori elementi, si trasformano in materiali altri (oltre ai citati carta, colle ad alta tenuta, in prospettiva anche bioplastiche, pneumatici etc.)
Le città di mare: un potenziale di circolarità in più
Attualmente le città e i territori situati in prossimità delle coste vivono a volte una situazione di minore coesione territoriale rispetto ai centri urbani dell’entroterra. Una delle difficoltà maggiore è dovuta alla scarsa circolarità del rapporto tra economie costiere ed economie delle aree agricole. Le esternalità prodotte dalle prime possono trasformarsi in problemi per le seconde: un’eccessiva pressione del turismo costiero può consumare terreno agricolo, mentre quantità e qualità dei rifiuti delle economie rurali possono influenzare negativamente le componenti delle economie del mare (turismo, acquacoltura, pesca). Una pianificazione strategica può rendere circolari i flussi e trasformare queste fragilità in risorse, favorendo uno scambio virtuoso tra gli ecosistemi: le eccedenze dei mercati ittici urbani, così come quelle dei mercati ortofrutticoli, possono essere trasformati in mangimi (oltre che in conserve ad alto valore aggiunto); le ricerche sulle alghe mostrano come possano essere usate a vantaggio del sistema urbano: strumento per la depurazione degli scarichi urbani e rurali, materiale grezzo da combinare con le conchiglie per realizzare ottime pavimentazioni e strati isolanti.
La pianificazione
Per rendere circolari le filiere urbane del cibo è necessario un lavoro preventivo di analisi e pianificazione. Occorre innanzitutto conoscere la realtà esistente: le filiere, le strutture, i meccanismi di interazione tra produttori, distributori, esercenti, pubbliche amministrazioni. Per farlo sono necessarie ricerche urbanistiche, economiche e sociali, completate da interviste con le diverse tipologie di soggetti chiave. La fotografia che emerge costituisce la base per una strategia di intervento urbana che ridisegni le filiere lineari trasformandole in filiere circolari agendo sulle normative, le strutture e infrastrutture urbane, lo stimolo a nuove imprese, la sensibilizzazione e le facilitazioni per i cittadini e gli esercenti; un processo di trasformazione che passa anche attraverso la riqualificazione di spazi e strutture esistenti per dedicarli a incubatori di nuove imprese e a luoghi di raccolta materiali, oltre che a hub per organizzare attività di sensibilizzazione della cittadinanza. Un intervento sistemico e realistico, adatto agli obiettivi dell’economia circolare.