Webinar con attivisti per il clima

L’inedita sfida economico-sociale e ambientale che stiamo fronteggiando ci impone di trovare soluzioni trasformative che permettano di produrre ricchezza e occupazione di migliore qualità riducendo, al contempo, le emissioni di gas che alterano drammaticamente ambiente e clima.

I risultati del nostro studio, coordinato da @Italian Climate Network –  Il Green Deal conviene, benefici per economia e lavoro in Italia al 2030 – indicano quali sono gli investimenti richiesti e le condizioni per creare valore aggiunto e aumentare una buona occupazione.  Le argomentazioni di questa pubblicazione anticipano da mesi molti dei temi relativi alla transizione ecologica, ultimamente molto citata dai giornali.

Quali sono, quindi, i criteri fondamentali da osservare e i dati da tenere presente per la strutturazione di piani e progettualità di sviluppo sostenibili?  

Sentiamo forte la necessità di comunicare i nostri risultati, per questo motivo abbiamo organizzato, grazie alla collaborazione di @ACRA, un webinar formativo rivolto a ai giovani della Scuola di attivismo di @Mani Tese, all’interno del progetto @FoodWave.

In questa occasione, il 15 marzo, il gruppo di ricercatori che ha partecipato allo studio ha presentato i capisaldi del piano di investimenti del Green Deal europeo, indagando in particolare gli aspetti occupazionali ed economici, oltre che ambientali, che esso comporterà da oggi al 2030.

È stata un’occasione per interloquire con alcuni portavoce di una generazione che, più di altre, si sta assumendo la responsabilità delle proprie azioni e dell’impatto che queste determinano sull’ambiente. I ricercatori di Està hanno così avuto modo di rispondere alle loro domande, condividere osservazioni critiche relative ai temi di interesse dei partecipanti e dimostrarsi un affidabile punto di riferimento per l’approfondimento della materia. 

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Sviluppo e sostenibilità

10 Marzo 2021

AUTORE

Massimiliano Lepratti

@ Luke Best, Updates
@ Luke Best, Updates
 

Il rapporto tra industria e natura

La terra è un pianeta che dall’esterno non riceve alcun apporto di materia e che invece, grazie al sole, riceve continuamente e indefinitamente un’immensa quantità di energia. Al contempo gli abitanti del pianeta terra da due secoli si procurano le principali fonti di energia attraverso la depauperazione progressiva della quantità di materia data. Uno dei meccanismi chiave delle rivoluzioni industriali è celato dietro questo paradosso: pur disponendo di una quantità limitata di materia (fossile) ad alto potenziale inquinante, il mondo 200 anni fa ne ha fatto la base per alimentare un nuovo sistema produttivo a crescita rapidissima e potenzialmente illimitata.

Oggi il paradosso si pone con forza rinnovata. Due secoli di rivoluzione industriale hanno aumentato indefinitamente il potenziale produttivo e comunicativo dell’umanità connettendo i continenti, moltiplicando le rese agricole, stimolando in soli trent’anni (1945-’75) un aumento di ricchezza globale superiore a quello verificatosi nei mille anni precedenti. Negli stessi trent’anni si è avverato appieno quanto preconizzava già nel 1873 il geologo italiano Antonio Stoppani, quando proponeva di definire l’epoca che stava vivendo con il nome di era “antropozoica” a segnare il grande potenziale di dominio che l’essere umano stava acquisendo sul resto della natura. Ma la natura ha chiesto conti che sono diventati sempre più salati, manifestandosi tra l’altro nei disastri umani e ambientali di Seveso in Italia nel 1976, di Love Canal negli Usa nel 1978, di Bhopal in India nel 1984, di Cernobyl in Urss nel 1986, della Exxon Valdez in Alaska nel 1989, dell’incendio dei pozzi petroliferi in Kuwait nel 1991.

Davanti alla contraddizione tra economia e ambiente oggi nuova rivoluzione industriale è chiamata a riconnettere lavoro e natura in un percorso che riconcili dinamiche finora contrastanti, che abbassi il consumo di materia aumentando il contenuto intellettivo dei beni e dei servizi prodotti, che rispetti i limiti climatici senza porre limiti allo sviluppo della ricchezza sociale, che restituisca all’energia illimitata dallo spazio la preminenza sulla materia fossile e limitata utilizzata finora dagli esseri umani.

Ogni rivoluzione economica provoca terremoti, quella futura li provocherà se non avverrà, quelle passate hanno lasciato i loro splendori e i loro dolori:

Andate a dire ai buoi che vadan via/ che quel che han fatto è fatto/ e che oggi si ara prima col trattore/ E piange il cuore a tutti se li guardi/ che dopo che han lavorato mille anni/ adesso se ne vanno a testa bassa / dietro la corda lunga del macello (Tonino Guerra, traduzione dell’autore)

 

Il contenuto di questo articolo è tratto dal saggio di M. Lepratti, coordinatore di Està, Sviluppo e sostenibilità, contenuto nell’ebook di Fondazione Feltrinelli Progresso inconsapevole.

Il calcolo della raccolta differenziata

11 Febbraio 2021

AUTORE

Emanuele Camisana

 

RACCOLTA DIFFERENZIATA IN ITALIA AL 61,35% NEL 2019, MA COSA SI NASCONDE DIETRO QUESTO DATO?

In Italia nel 2019, la raccolta differenziata ha raggiunto il 61,35%. Se il metodo di calcolo non fosse stato modificato nel 2016 tramite Decreto ministeriale la percentuale si fermerebbe solo al 55,56%.

La percentuale di raccolta differenziata dei RSU (rifiuti solidi urbani) ha subito una crescita notevole di anno in anno, ma non tutto è dovuto ad una più attenta differenziazione dei rifiuti.

La principale problematica nell’elaborazione dei dati sulla gestione dei RSU riguarda la corretta computazione dei rifiuti considerati differenziati. Di fatto, se si considerasse solo il dato di andamento della percentuale di raccolta differenziata si incorrerebbe in gravi anomalie, in quanto la computazione negli anni degli RSU ha subito variazioni. Infatti dal 2016 – per effetto del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare “Linee guida per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani” (pubblicato su Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 146 del 24-6-2016) – ISPRA effettua le elaborazioni sulla produzione e raccolta differenziata dei RSU considerando come rifiuti differenziati anche i rifiuti ingombranti (200307), i rifiuti da spazzamento stradale (200303), rifiuti da C&D (costruzione e demolizione, 170107 e 170904) e gli scarti provenienti dalla selezione della multimateriale.

Dal 2016 quindi i dati sono difficilmente confrontabili con quelli precedenti. ESTà ha conseguentemente rielaborato i dati con un unico metodo di calcolo per poter utilizzare un’unica serie storica.

Come si può osservare, lo scostamento tra le due metodologie è notevole. La “percentuale RD registrata” rappresenta la percentuale ufficiale dichiarata da ISPRA, mentre la “percentuale RD con unica misurazione” rappresenta la rielaborazione di ESTà che, a partire dai dati ISPRA, non imputa tra i rifiuti differenziati quelli da pulizia stradale a recupero, gli ingombranti misti a recupero e i rifiuti da C&D. In Italia la percentuale di raccolta differenziata nel 2019 è risultata al 61,35% contro il 55,56% del metodo di calcolo unico utilizzato da ESTà. Il grande balzo in avanti degli ultimi anni non è quindi solo dovuto ad una miglior gestione dei rifiuti, ma principalmente ad una normativa che ne ha variato il calcolo.

La rilevazione di una percentuale di raccolta differenziata inferiore ai dati ufficiali non deve essere letta solo come dato negativo, ma anche come maggiore possibilità di migliorare l’intercettazione delle diverse frazioni merceologiche con conseguenti risparmi in termini di costi ed emissioni di CO2.

 

Di seguito l’analisi dei dati, curata da Emanuele Camisana.

Master Cibo e Società 2020

Master Cibo e Società 2020

22 Febbraio 2020

Economia e Sostenibilità, insieme all’ateneo di Milano-Bicocca, organizza la seconda edizione del  master Cibo e Società, mettendo a disposizione il know-how sviluppato in questi anni principalmente attorno alle Urban Food Policy, con l’obiettivo di formare specialisti capaci di ideare e gestire progetti innovativi nel settore della distribuzione e del consumo alimentare.

Per gestire la sostenibilità dei sistemi alimentari, la globalizzazione dei mercati del food e il fenomeno di urbanizzazione c’è infatti bisogno di nuovi strumenti e conoscenze integrate negli enti pubblici e privati chiamati ad elaborare soluzioni a problemi ed esigenze puntuali, così come a promuovere nuovi orientamenti nella relazione tra consumatore e sistemi del cibo.

Questo nuovo master è una opportunità, unica nel panorama italiano, per accostarsi attraverso il cibo all’antropologia, la politica, l’economia, il diritto, la sociologia, la storia e per formare specialisti di tutta la filiera agro-alimentare.

Un punto di forza è la straordinaria rete di partner per il placement, ciascuno portatore di solide esperienze imprenditoriali, istituzionali e di impresa sociale.

Master Cibo e Società

Master Cibo e Società

19 Settembre 2018

 

Economia e Sostenibilità, insieme all’ateneo di Milano-Bicocca, organizza il  master Cibo e Società, mettendo a disposizione il know-how sviluppato in questi anni principalmente attorno alle Urban Food Policy, con l’obiettivo di formare specialisti capaci di ideare e gestire progetti innovativi nel settore della distribuzione e del consumo alimentare.

Per gestire la sostenibilità dei sistemi alimentari, la globalizzazione dei mercati del food e il fenomeno di urbanizzazione c’è infatti bisogno di nuovi strumenti e conoscenze integrate negli enti pubblici e privati chiamati ad elaborare soluzioni a problemi ed esigenze puntuali, così come a promuovere nuovi orientamenti nella relazione tra consumatore e sistemi del cibo.

Questo nuovo master è una opportunità, unica nel panorama italiano, per accostarsi attraverso il cibo all’antropologia, la politica, l’economia, il diritto, la sociologia, la storia e per formare specialisti di tutta la filiera agro-alimentare.

Un punto di forza è la strordinaria rete di partner per il placement, ciascuno portatore di solide esperienze imprenditoriali, istituzionali e di impresa sociale.

Indagine sull’economia libraria italiana

Indagine sull’economia libraria italiana

8 Novembre 2017

 
Che cos’è? Non è mai stato fatto nulla del genere su scala nazionale: un’indagine per capire come lavorano i librai, come si organizzano, come comprano e vendono, come promuovono le loro proposte. Da dove nasce? E’ un progetto che trae origine dalla volontà di parte del mondo editoriale e del mondo dei librai di lavorare insieme, sapendo che il benessere di ogni elemento dell’ecosistema è alla base di un maggior benessere dell’ecosistema complessivo. Quali sono gli obiettivi? ALI, SIL, Letteratura rinnovabile, supportate dall’associazione EStà, provano a capire con i diretti interessati qual è lo stato dell’arte del loro lavoro e quali margini di miglioramento esistono. Margini relativi alle singole librerie: il questionario d’indagine produrrà un indice di efficienza e potrà dare privatamente ad ognuno tra i partecipanti che lo desideri la sua posizione rispetto ai parametri dell’indice. Margini collettivi: gli esiti complessivi del questionario saranno la base per riflessioni e proposte che l’insieme dei librai potrà esprimere nei momenti di presentazione pubblica dei risultati. Qual è lo strumento prodotto? Le risposte al questionario contribuiranno alla definizione di un indice di efficienza delle librerie composto grazie a un insieme di parametri: la capacità di promuovere le iniziative in modo sistemico, il mix di strategie di acquisto e di vendita scelte, l’importanza riconosciuta alla formazione del personale e alla conoscenza del panorama editoriale, la capacità di ottimizzare la gestione del tempo e dei mezzi tecnici. Quanto tempo occorre per la compilazione e come si procede? La compilazione avviene on line e richiede circa 15-20’ per ognuna delle quattro sezioni previste:
  1. (a) profilo della libreria;
  2. (b) strategie di acquisto e di vendita;
  3. (c) strategie di promozione;
  4. (d) gestione del personale e attenzione allo sviluppo.
Può essere utile dare un’occhiata preventiva a ciascuna tra esse e prepararsi per quei dati che non necessariamente ogni libraio ha sottomano. Per diluire il lavoro le diverse sezioni possono essere compilate ciascuna in un momento diverso, ma attenzione una volta iniziato l’inserimento dei dati occorre che la singola sezione sia completata, altrimenti i dati inseriti non verranno salvati.     Per accedere alle sezioni: scrivi un’email a librai@assesta.it e ti verranno inviati i link.

Effetti climalteranti del trasporto agroalimentare

© Anna-Kaisa Jormanainen

Gli effetti climalteranti del trasporto agroalimentare variano in funzione del contesto territoriale e dell’organizzazione della filiera. Solo una valutazione complessiva e simultanea dei trade-off – quelli tra sostenibilità ambientale delle componenti produttive e trasportistiche di una filiera e quelli tra chilometri percorsi dalla merce ed efficienza del sistema logistico – permette l’individuazione delle soluzioni più sostenibili.

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L’innovazione tecnologica e i suoi effetti

© Harriet Lee Marrion, Invented here

L’innovazione tecnologica e i suoi effetti

29 Dicembre 2016

© Harriet Lee Marrion, Invented here
© Harriet Lee Marrion, Invented here
 

Il dibattito sull’innovazione tecnologica sembra avulso dalla società e dallo sviluppo capitalistico. Tra gli altri la materia è stata trattata dal World Economic Forum (Il futuro del lavoro) e dalla Mckinsey (Dove le macchine possono sostituire il lavoro). Il primo  affronta la così detta 4° rivoluzione industriale (Industria 4.0); il secondo indaga se e come le macchine possano sostituire il lavoro umano. La discussione è bipolare: qualcuno sostiene che le innovazioni tecnologiche siano una grande occasione per rilanciare il sistema economico; altri intravedono nel progetto il rischio di una sostituzione di lavoro umano con le macchine. L’elenco delle potenziali innovazioni tecnologiche utilizzate nei due studi sembra impressionante, ma la storia dell’economia capitalista è piena di novità – potenziali o meno – che hanno segnato il corso del come e del che cosa si produce. Freeman e Soete nel 1997 hanno proposto uno schema molto utile per rappresentare l’evoluzione storica delle meta innovazioni tecnologiche, a cui oggi si potrebbe aggiungere la green economy (se intesa correttamente, e non ridotta a mero slogan).

Il tema dell’innovazione non è un semplice problema ingegneristico – da questo punto di vista è chiaro che la tecnologia si accumula, generando sempre qualcosa di nuovo – occorre piuttosto indagarne le implicazioni economiche. Leon in Ipotesi sullo sviluppo dell’economia capitalistica, e Sylos Labini in Progresso tecnico e sviluppo ciclico sono, probabilmente, i primi ad trattato l’oggetto in modo dinamico e non meccanicista.
World Economic Forum (WEF) e Mckinsey (Mc) ci informano che Industria 4.0 e le macchine modificheranno intensamente alcune tipologie di lavoro; senza usare i toni di WEF e Mc, è il caso di ricordare che questo è un tema storico-sociale e non di mera fattibilità tecnica. L’implementazione di queste tecniche infatti è 1) soggetta a molte e spesso incalcolabili variabili; 2) ha diversi gradi e livelli di realizzazione. Considerando anche la dinamica sociale e le consuetudini, l’accettazione di alcune di queste nuove tecnologie diviene cosa non scontata. Ricordiamo solo l’esempio utilizzato dalla Mc: il lavoro delle infermiere potrebbe essere sostituito dalle macchine, ma la società nel suo insieme non considererebbe queste tecniche come una tecnica superiore e le rifiuterebbe; alcune attività sono infatti ancora molto legate al contatto umano. Inoltre vi è un’altra variabile di difficile previsione: la tecnica potrebbe creare lavoro in settori limitrofi (D. Ricardo, teoria della compensazione), oppure all’opposto potrebbe non essere adottata in ragione degli alti costi di sviluppo e diffusione. I sostenitori di Industria 4.0, così come i fautori dell’introduzione di nuove tecniche di produzione, commettono un errore: indagano la tecnica come se fosse un fenomeno di pura conoscenza, dimenticando che la società cambia assieme alla tecnica senza che si possa sapere aprioristicamente come i settori produttivi coinvolti reagiranno. Cosa accadrà nei settori produttivi maturi? E in quelli emergenti? Sebbene i settori maturi saranno investiti da un cambio di paradigma senza precedenti storici, la dimensione di questi settori suggerisce prudenza nella valutazione dell’impatto delle macchine sul lavoro. Più che un effetto sostituzione di lavoro per mezzo di macchine, probabilmente ci sarà un effetto sostituzione di lavoro a basso contenuto conoscitivo con un lavoro a maggiore conoscenza incorporata. In altri termini, il numero dei lavoratori potrebbe rimanere inalterato, ma cambierebbe la natura (il “segno”) dello stesso. Se ipotizzassimo di applicare le nuove tecnologie nell’attuale (vecchio) paradigma, il saldo tra nuovo lavoro e vecchio lavoro sarebbe certamente negativo; ma il capitale evolve e cambia assieme alla società. Il sistema economico non rimane mai uguale a stesso, cambiano le consuetudini e le abitudini: l’emergere di una nuova classe media (WEF) in accordo con la legge di Engel modificherà i consumi, ma WEF e Mc, sembrano non conoscere gli effetti sui consumi legati alla crescita del reddito. Il processo è bidirezionale e non unidirezionale e la politica economica e industriale vi hanno un ruolo fondamentale, mentre la robotica è solo un pezzo del tema. Stiamo attraversando una grande transizione e l’esito è incerto perché non riducibile alla somma di tanti microelementi (il reddito stesso non può essere spiegato come mera somma dei comportamenti individuali).
Viviamo dentro la storia e non dentro un mero ciclo economico, ma i mainstream di diversa declinazione non l’hanno ancora capito.

La complessità di un sistema alimentare

© Mike McQuade, editorial illustration for Bon Appétit

La complessità di un sistema alimentare

28 Dicembre 2016

© Mike McQuade, editorial illustration for Bon Appétit
© Mike McQuade, editorial illustration for Bon Appétit
 

In questo articolo spiegheremo perché quando si parla di alimentazione sia necessario riferirsi ad un sistema e perché di conseguenza non sia sufficiente rendere sostenibili singole fasi o componenti del sistema alimentare, ma sia necessario considerarlo in tutta la sua complessità. Questo approccio sistemico è l’unico che ci permetta di rispondere a domande apparentemente molto semplici, come per esempio chi decide come e di cosa ci alimentiamo, quali conseguenze hanno queste decisioni sul territorio in cui viviamo o su territori molto distanti da noi, o ancora se un’alimentazione salutare per noi è salutare anche per il pianeta e per le persone che producono il cibo che mangiamo.

Le componenti di un sistema alimentare
Una modalità per schematizzare e capire di cosa si compone il sistema alimentare è quella che fa riferimento al ciclo alimentare e al contesto di riferimento. Il ciclo alimentare comprende tutti i passaggi coinvolti nella produzione e nel consumo di cibo, che possono essere raggruppati in 6 attività o fasi fondamentali: produzione, trasformazione, logistica, distribuzione, consumo e gestione degli scarti e dei rifiuti. Analizzare il ciclo alimentare significa analizzare tipologie e quantitativi di produzioni agricole, processi di trasformazione dell’industria alimentare, sistemi di confezionamento, stoccaggio e trasporto, modalità di vendita, abitudini di consumo, quantità e qualità degli scarti prodotti da tutte le componenti del ciclo stesso, metodi di recupero e gestione di questi scarti. Il contesto di riferimento è costituito invece dalle condizioni sociali, economiche, culturali e ambientali in cui il ciclo stesso si esplica: l’accesso ad un’alimentazione adeguata, gli aspetti demografici generali, le appartenenze etniche; l’innovazione e la ricerca, la legalità, le condizioni di lavoro, le regolamentazioni; la consapevolezza e l’educazione delle persone, le scelte alimentari e la salute; l’agroecosistema e la biodiversità, le condizioni climatiche.

La stretta relazione tra ciclo alimentare e contesto di riferimento
Ciclo alimentare e contesto sono interdipendenti, si influenzano e si modificano a vicenda. Il contesto fornisce risorse, materiali e immateriali, rinnovabili e non rinnovabili, al ciclo alimentare: materie prime, suolo, biodiversità, acqua, energia, risorse ittiche, servizi ecosistemici, forza lavoro, regolamentazioni, capitali, tecnologie, innovazioni. ll ciclo alimentare utilizza tali risorse per produrre cibo in maniera più o meno efficiente e le modifica, producendo degli impatti, sia su queste stesse risorse sia su altre componenti del sistema. Questo si verifica sia per le risorse ambientali che per le altre: un utilizzo intensivo del suolo ne causa l’impoverimento, ma anche una minor capacità di sequestrare CO2 con conseguente maggiore emissione di gas climalteranti in atmosfera; l’impiego vessatorio della forza lavoro o la gestione speculativa dei capitali producono disoccupazione, discriminazioni, divari sociali sempre più ampi ed illegalità.

Diversi livelli di approfondimento delle componenti del sistema alimentare
Nelle analisi sui sistemi alimentari, alcune delle componenti citate vengono studiate in termini approfonditi, tipicamente quelle legate al ciclo alimentare e ai suoi impatti ambientali. Numerosi studi dimostrano le conseguenze di una gestione non sostenibile delle risorse naturali utilizzate ad una velocità maggiore della loro capacità di rigenerazione con loro conseguente riduzione, così come i fenomeni di squilibrio del sistema derivanti da impatti superiori alla capacità di assorbimento degli stessi da parte di componenti ambientali. Esiste infatti una consapevolezza diffusa sull’importanza di considerare in maniera più attenta sia i tempi necessari alla rigenerazione delle risorse rinnovabili, sia la resilienza delle componenti ambientali al fine di ridurre esternalità negative quali degrado del suolo, perdita di biodiversità, emissione di gas serra, inquinamento delle acque. Minor consapevolezza esiste su altri aspetti. Si pensi per esempio alla carenza di dati disponibili relativamente ai flussi di cibo che attraversano una città: è molto difficile sapere da dove provenga tutto il cibo consumato in città o al contrario dove venga venduto e consumato tutto quello prodotto in città. I dati ci sono ma sono frammentati e spesso gelosamente custoditi da attori che, secondo la loro visione, sarebbero danneggiati da una “eccessiva” trasparenza.

La complessità di un sistema alimentare
Studiare il sistema alimentare di un territorio è molto complesso, poiché tanto il ciclo alimentare quanto il contesto di riferimento possono comprendere dimensioni spaziali molto vaste e un’enorme quantità di attori diversi, che travalicano i confini del territorio che si vuole analizzare: in particolare è il caso delle città – organismi in continua crescita, che spesso sperimentano situazioni di insicurezza alimentare – che soddisfano il proprio fabbisogno acquistando il cibo sia da produttori locali sia da mercati nazionali o internazionali. Il sistema alimentare mette allora in connessione le città sia con il territorio agricolo circostante sia con quello disponibile in altre parti del mondo. Questo pensiero è per esempio alla base dell’approccio City Region Food System (CRFS) adottato da FAO e RUAF e sintetizzato nel documento “A vision for a City Region Food System – Building sustainable and resilient city regions” (link al documento): in tale approccio il sistema alimentare ha la funzione di sottolineare questa connessione al fine di affrontare questioni di rilevanza internazionale (i diritti, il cambiamento climatico, la resilienza) in modo più pratico e focalizzato.

Conclusione
Le riflessioni fatte sul sistema alimentare aprono quindi una serie di questioni: come è possibile conciliare la scarsa disponibilità economica di un numero di famiglie sempre crescente con la possibilità di mangiare cibo sano? Esistono stili alimentari allo stesso tempo salutari e sostenibili dal punto di vista ambientale? Si può pensare di difendere il territorio agricolo rimasto all’interno dei contesti urbani senza sostenere i prodotti che da questo territorio arrivano? L’integrazione di persone provenienti da territori molto diversi può non tenere conto anche delle specifiche esigenze alimentari di queste persone? Obiettivo del sistema alimentare dovrebbe essere quello non solo di produrre cibo, ma sicurezza alimentare (ovvero cibo sicuro, sufficiente, accessibile e adeguato culturalmente), sostentamento e adeguate condizioni di lavoro per lavoratori impiegati nel ciclo alimentare (in qualunque parte del mondo si trovino), occasioni di fruizione del paesaggio, inserimento lavorativo di persone svantaggiate, integrazione e contaminazione tra culture diverse, consapevolezza di ciò che si mangia, salute e benessere delle persone, limitati impatti ambientali. Questo è possibile solo se l’intero sistema alimentare lavora in maniera sostenibile, limitando le esternalità negative e massimizzando quelle positive.

Il commercio alimentare al dettaglio in sede fissa a Milano

© Rob Pybus, Aqua Tours

L’obiettivo del presente contributo è quello di individuare possibili spazi di azione per una politica alimentare cittadina descrivendo l’attuale situazione del sistema commerciale alimentare milanese, che rappresenta da un lato il terminale del processo di distribuzione e delle operazione logistiche e, dall’altro, l’interfaccia che usa il consumatore per scegliere, confrontare ed infine acquisire gli alimenti.

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