Inaugurato il nuovo Food Hub Cuccagna, Municipio 4 a Milano! Perchè il cibo possa essere sinonimo di dignità per tutte le persone.
Continue readingMetropoli Agricole, tavoli di lavoro
Un incontro di settore con altri enti non profit per condividere una riflessione sul futuro ruolo dell’agricoltura periurbana.
Continue readingTerra Madre 2024: Un dialogo sulla relazione tra clima cibo e povertà
Clima, povertà e politiche. Ne parliamo sabato 28 settembre alle h15.00, al Terra Madre Salone del Gusto 2024. Evento gratuito.
Continue readingEStà partecipa al Festival del clima di Palermo
EStà partecipa al Festival del clima di Palermo dedicato alla giornata della Terra.
Continue readingIl calcolo della raccolta differenziata
RACCOLTA DIFFERENZIATA IN ITALIA AL 61,35% NEL 2019, MA COSA SI NASCONDE DIETRO QUESTO DATO?
In Italia nel 2019, la raccolta differenziata ha raggiunto il 61,35%. Se il metodo di calcolo non fosse stato modificato nel 2016 tramite Decreto ministeriale la percentuale si fermerebbe solo al 55,56%.
La percentuale di raccolta differenziata dei RSU (rifiuti solidi urbani) ha subito una crescita notevole di anno in anno, ma non tutto è dovuto ad una più attenta differenziazione dei rifiuti.
La principale problematica nell’elaborazione dei dati sulla gestione dei RSU riguarda la corretta computazione dei rifiuti considerati differenziati. Di fatto, se si considerasse solo il dato di andamento della percentuale di raccolta differenziata si incorrerebbe in gravi anomalie, in quanto la computazione negli anni degli RSU ha subito variazioni. Infatti dal 2016 – per effetto del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare “Linee guida per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani” (pubblicato su Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 146 del 24-6-2016) – ISPRA effettua le elaborazioni sulla produzione e raccolta differenziata dei RSU considerando come rifiuti differenziati anche i rifiuti ingombranti (200307), i rifiuti da spazzamento stradale (200303), rifiuti da C&D (costruzione e demolizione, 170107 e 170904) e gli scarti provenienti dalla selezione della multimateriale.
Dal 2016 quindi i dati sono difficilmente confrontabili con quelli precedenti. ESTà ha conseguentemente rielaborato i dati con un unico metodo di calcolo per poter utilizzare un’unica serie storica.
Come si può osservare, lo scostamento tra le due metodologie è notevole. La “percentuale RD registrata” rappresenta la percentuale ufficiale dichiarata da ISPRA, mentre la “percentuale RD con unica misurazione” rappresenta la rielaborazione di ESTà che, a partire dai dati ISPRA, non imputa tra i rifiuti differenziati quelli da pulizia stradale a recupero, gli ingombranti misti a recupero e i rifiuti da C&D. In Italia la percentuale di raccolta differenziata nel 2019 è risultata al 61,35% contro il 55,56% del metodo di calcolo unico utilizzato da ESTà. Il grande balzo in avanti degli ultimi anni non è quindi solo dovuto ad una miglior gestione dei rifiuti, ma principalmente ad una normativa che ne ha variato il calcolo.
La rilevazione di una percentuale di raccolta differenziata inferiore ai dati ufficiali non deve essere letta solo come dato negativo, ma anche come maggiore possibilità di migliorare l’intercettazione delle diverse frazioni merceologiche con conseguenti risparmi in termini di costi ed emissioni di CO2.
Di seguito l’analisi dei dati, curata da Emanuele Camisana.
Una striscia di terra nuova
Una striscia di terra nuova
4 Luglio 2013
L’interesse per l’imprenditorialità sociale e l’impatto positivo che essa può avere sulla società attirano l’attenzione di giovani studenti delle scuole di economia, curiosità che le università assecondano creando programmi di social business applicati a problemi sociali globali.
L’Università di Cape Town propone agli studenti MBA un impegno sul campo per lavorare sui piani industriali, sulle strategie e sui modelli finanziari delle imprese sociali sudafricane.
Reel Gardening è una start-up che ha concepito nuovi prodotti agronomici, di facile utilizzo ed economici, che rendono più accessibile l’autoproduzione di cibo. Lanciata nel 2010, la società di Johannesburg produce strisce di carta biodegradabile contenente semi, sostanze nutrienti e fertilizzanti organici. Le bobine seminate, che sono vendute ad un dollaro al metro, possono essere piantate nel terreno o collocate in un giornale o in uno shopper con un po’ di terriccio in caso di mancanza di terreno coltivabile. Tutto ciò che serve è la luce del sole e la giusta quantità di acqua.
Le strisce di carta usano l’80 per cento di acqua in meno rispetto ai convenzionali mezzi di giardinaggio in quanto trattengono la maggior parte dell’acqua e sono indicati proprio in quelle zone di difficile irrigazione. Semplici istruzioni, comprensibili anche da chi non sa leggere, sono stampate sulla carta con inchiostri naturali. Ogni nastro ha un diverso colore: indica la profondità di semina, eliminando così la necessità di comprendere aspetti più tecnici come la rotazione delle colture. Le bobine contengono diverse selezioni di semi a seconda della stagione e alternano ortaggi biologici e piante con fiori specifici per attirare gli impollinatori o scoraggiare i parassiti. Composizioni di nastri possono essere utilizzate per attrezzare parcelle di 100 metri quadri, abbassando il rischio di non germinazione per cause naturali come vento o uccelli granivori.
Reel Gardening e l’università di Cape Town stanno lavorando a numerosi progetti comunitari nelle zone povere, dove vi sono carenza di acqua e bassi livelli di istruzione. Oltre a coltivare il proprio cibo, le comunità possono aumentare il proprio reddito con la vendita dei prodotti in eccesso.
Un fenomeno sociale associato alla diffusione delle bobine di semi è il rapido sviluppo di community gardens nelle township, gli ex distretti suburbani creati durante il periodo dalla segregazione razziale, a Cape Town e Johannesburg e di orti scolastici per invogliare le giovani generazioni ad occuparsi della sovranità alimentare in zone in cui l’acqua scarseggia.
Anche in Italia il terreno è fertile per l’innovazione sociale: le business school italiane hanno coinvolto i propri studenti sul tema dell’innovazione sociale concentrandosi sulle necessità di policy making, mentre l’iniziativa Social Innovation Agenda dell’ex ministro Profumo promuove l’innovazione sociale dal basso, quella che nasce tra i più giovani.
La scelta inglese: innovare per il benessere sociale
La scelta inglese: innovare per il benessere sociale
20 Giugno 2013
In passato raggiungere il supermercato Sainsbury’s nel quartiere londinese di Islington senza un’auto privata non era semplice. Oggi è invece possibile per tutti: è, infatti, raggiunto dalla linea 812, un community bus il cui percorso è stato disegnato dagli utilizzatori. Concepito in base alle esigenze di anziani e disabili, ma a disposizione di tutti, il percorso 812 collega ai principali servizi: negozi, studi medici e i più importanti centri diurni.
La linea 812 non è semplicemente un’ancora di salvezza per i suoi utenti: è diventata un caso di miglioramento del servizio pubblico attraverso l’impatto sociale. Hackney Community Transport (HCT) è la più importante impresa sociale britannica nell’ambito del trasporti e gestisce i classici double decker rossi di Londra. È nata sui bisogni del suo quartiere, sviluppando il trasporto di alunni, anziani e disabili. HCT ha inserito nel contratto di servizio pubblico stipulato con il colosso Transport for London il concetto di outcome (risultato) superando quello di output (prodotto): la capacità, cioè, di generare nuovi servizi di impatto sociale partendo dagli stessi input (risorse) previsti dall’appalto. Il significato è chiaro: se attraverso l’esercizio del trasporto urbano è possibile dimostrare di aver ottenuto un miglioramento sociale ed economico della spesa pubblica in un settore sociale, questo outcome è un profitto sociale. Come tale può essere contrattualizzato, misurato e in seguito distribuito tra il contractor che l’ha generato e l’ente pubblico che ne ha beneficiato, alla stregua di un profitto economico.
È inoltre possibile ottimizzare gli input dell’appalto, gli autobus, gli autisti, per produrre nuovi servizi nel mercato privato: questi ricavi extra andranno ad abbassare la spesa pubblica legata all’appalto stesso. La Gran Bretagna ha introdotto nel proprio ordinamento il Social Value Act, entrato in vigore alla fine di gennaio 2013, con cui il governo richiede a tutti gli enti pubblici di includere, all’interno dei contratti di servizio pubblico, il benessere economico, sociale e ambientale di una comunità locale. Come è avvenuto per l’Italia con l’avvio della cooperazione sociale, anche in Uk uno dei campi di applicazione più diffuso sarà quello dell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e fragili (persone con disabilità, con problemi mentali, con precedenti penali). Riqualificare la spesa pubblica in modo più saggio, includendo il concetto di “profitto sociale” nell’erogazione di servizi pubblici, è quanto mai opportuno in questo periodo di budget ridotti. Con il Social Value Act gli enti locali mantengono la libertà di cercare fornitori di servizi, con l’aggiunta, però, di dover distribuire valore a una comunità locale, caratteristica, questa, fondativa del terzo settore europeo che può diventare, così, competitivo anche nel Regno Unito. Questa norma mette le imprese private tradizionali sotto pressione per fornire un valore sociale, oltre al profitto economico: sarà forse possibile assistere a un vero e proprio cambiamento nel modo in cui le aziende forniranno i servizi pubblici.
Social Impact Bond. Da un problema sociale ad un’opportunità finanziaria
Social Impact Bond. Da un problema sociale ad un’opportunità finanziaria
4 Maggio 2013
In Inghilterra ci sono 7.160 bambini in attesa di adozione, il 15% in più rispetto a un anno fa. Mentre è relativamente semplice trovare famiglie per neonati e bambini piccoli, è più difficile per i gruppi di fratelli e sorelle, per i bambini con più di quattro anni e per minori appartenenti a minoranze etniche e in condizioni di salute precarie. Questi aspettano l’adozione per anni, restando in carico al welfare state britannico.
The Consortium of Voluntary Adoption Agencies (CVAA), un gruppo di agenzie per l’adozione, ha sviluppato un metodo per migliorare le performance di questo processo sociale, investendo nella formazione delle famiglie, nel supporto psicologico e nella mediazione culturale. E ha convinto il governo a finanziare con £ 52.000 ciascuna adozione andata a buon fine. Il risparmio stimato della spesa sociale per ciascun bambino adottato sarà di £ 800.000 nel medio lungo periodo. La novità è che, associato a questo progetto che mira a incrementare il numero di bambini adottati ogni anno, verrà emesso il primo Adoption Social Impact Bond: investitori privati potranno acquistare le obbligazioni finanziando direttamente CVAA. I bond saranno remunerati solo in caso di successo e se sarà chiaro e misurabile il miglioramento della spesa pubblica.
Nella figura viene descritto il modello del primo Social Impact Bond emesso da Social Finance in Gran Bretagna da cui tutti stanno traendo ispirazione. A livello mondiale esistono pochissimi casi di SIB non perché manchino investitori, quanto modelli e garanzie sul meccanismo di remunerazione. Conoscendo la propensione del mercato finanziario a costruire bolle speculative, la prudenza in questo caso è due volte più opportuna. Aderire a prodotti finanziari del genere significa, infatti, cambiare la vita delle persone, migliorare l’impatto sulla spesa pubblica e ottenere un ritorno dell’investimento.
C’è chi sostiene che strumenti come i SIB debbano essere concepiti al di fuori della finanza tradizionale. La finanza sociale si basa sulla trasparenza e sulla condivisione dei Big Data, processi che l’industria finanziaria ha sempre promosso controvoglia arrivando ad applicare modelli di rating e di valutazione dei rischi troppo complessi da sembrare opachi.
Il tema della trasparenza tocca però anche allo stato che deve ammettere, seguendo l’esempio britannico, di non sapere e di non potere più realizzare quell’innovazione sociale che il terzo settore si candida a gestire in modo misurabile. Per non enfatizzare l’attenzione più sul fronte finanziario che su quello dell’impatto sociale, occorre che gli attori in gioco, lo stato, l’investitore e l’operatore sociale, condividano garanzie e rischi comuni poiché quando un’adozione non andrà a buon fine, tutti e tre gli attori, con ruoli e misure diverse, se ne facciano carico.