Ridurre la CO2, aumentando l’occupazione

Ridurre la CO2, aumentando l’occupazione

20 Luglio 2022

L’economia industriale, fin dai suoi albori nel 1800, si è sviluppata attraverso una serie di grandi ondate di innovazioni succedutesi nel tempo: dall’applicazione del vapore alla produzione tessile, alle rivoluzioni nei trasporti ferroviari e marittimi, guidate dalle commesse statali, all’era dell’acciaio del petrolio e dell’elettricità, fino alla produzione fordista di automobili ed elettrodomestici “bianchi” e poi ai cambiamenti introdotti dalle tecnologie dell’informazione e della telecomunicazione. Negli ultimi anni le innovazioni si stanno orientando verso un paradigma intersettoriale che alcuni etichettano con il termine di Green economy e che potrebbe offrire l’occasione per il rilancio del sistema produttivo e occupazionale.

La Green economy recentemente sta usufruendo di un quadro strategico e normativo che può accompagnarlo verso quel salto di paradigma finora realizzato solo parzialmente. La strategia europea del Green Deal, fortemente voluta dall’attuale Commissione insediata a Bruxelles, offre un contesto per un rilancio e un ripensamento delle priorità industriali e agricole continentali. Il Green Deal nasce come spinta istituzionale a fare dell’Unione europea il luogo dove gli obiettivi obbligatori di decarbonizzazione decisi nella COP di Parigi del 2015 si sposino con obiettivi di rilancio produttivo dell’Europa a 27. Inizialmente disegnato come strategia generale, nel tempo il Green Deal si è dotato di strumenti cogenti tra cui la Legge climatica, che definisce obbligatoriamente le tappe di decarbonizzazione europea, e il pacchetto Fit for 55. Quest’ultimo entra nel merito di scelte riferite a singoli settori, come ad esempio il comparto automotive a cui impone il divieto di vendere dopo il 2035 autoveicoli a motore endotermico (ossia alimentato da benzina e gasolio), disegnando la cornice per nuovi percorsi di ricerca e industrializzazione.

L’elemento culturalmente, oltre che economicamente, più caratterizzante di questi percorsi è il tentativo di integrare obiettivi che fino a pochi anni fa apparivano confliggenti. Scelte di tipo economico in contrasto con priorità di tutela ambientale hanno infatti contraddistinto le diverse fasi della rivoluzione industriale ricordate all’inizio, e il contrasto è divenuto sempre più aperto a partire dagli anni Settanta del ‘900 quando, in diversi paesi, ha cominciato a maturare una sensibilità e una pratica di natura ecologista. In Italia ancora oggi l’Ilva di Taranto è uno dei principali simboli della divergenza fra le “esigenze del PIL e dell’occupazione” da un lato e le esigenze di salvaguardia della salute degli esseri umani e dell’ambiente dall’altro.

Oggi lo scenario culturale è parzialmente diverso, ma cogliere l’obiettivo di integrare la sfida di mantenere il clima planetario entro limiti che lo rendano adatto alla vita umana e di aumentare al contempo ricchezza e occupazione richiede un salto di paradigma per il quale non bastano le  dichiarazioni di principio, e si rende necessario un apparato analitico e di politiche adeguato alla sfida del tempo.

Un primo livello analitico e operativo attiene al campo degli interventi trasversali o sistemici, ossia a quelle letture e a quelle proposte che si rivolgono a un sistema nella sua interezza. Come ogni salto di paradigma anche il pieno dispiegarsi di un’economia decarbonizzata ad alto impatto di occupazione qualificata, richiede un investimento adeguato di ricerca e sviluppo e di successiva industrializzazione di brevetti che collochino l’Europa e l’Italia nei punti della filiera dove si colloca il maggior valore aggiunto. La messa in posa dei pannelli fotovoltaici e la progettazione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione non sono la stessa cosa. La prima produce basso valore aggiunto e occupazione pagata poco e precaria, mentre un’industria dei pannelli fotovoltaici avanzati, o delle batterie al litio o al sale ad alta densità energetica produce molto più valore aggiunto e un’occupazione di qualità ben diversa. Naturalmente la ricerca e sviluppo hanno bisogno di adeguati investimenti, e la successiva industrializzazione deve disporre di lavoratori adeguatamente formati e aggiornati.

Un secondo livello analitico e operativo attiene invece ai singoli settori economici, ciascuno dei quali ha caratteristiche specifiche e richiede interventi mirati per aumentare l’occupazione. Ad esempio l’agricoltura a bassa emissione di gas climalteranti e ad alto assorbimento di carbonio tende a richiedere un’intensità di lavoro maggiore e operatori più qualificati rispetto all’agricoltura industriale convenzionale. Ancora, la produzione di energia rinnovabile, rispetto alla produzione di energia fossile, secondo gli scenari dell’agenzia IRENA prefigura impatti occupazionali circa 2,8 superiori, offrendo una prospettiva virtuosa sia a livello emissivo, sia a livello lavoratvo. Diversi sono invece gli scenari relativi ad altri comparti: il settore metallurgico e metalmeccanico offre prospettive rispetto alle quali l’intervento pubblico di accompagnamento a una transizione a saldo occupazionale positivo è fortemente necessario.

EStà dal 2020 è impegnata a fornire strumenti analitici per il miglior bilanciamento possibile tra esiti di decarbonizzazione ed esiti occupazionali. Nel 2020 ha prodotto con l’Italian Climate Network (ICN) il report di ricerca “Il Green Deal conviene” (https://assesta.it/new-site/wp-content/uploads/2020/11/Green-Deal.-Benefici-occupazionali-1.pdf) nel quale ha condotto sia una ricerca sulle politiche trasversali, sia una ricerca sui singoli settori produttivi italiani, per valutare come massimizzare la decarbonizzazione aumentando l’occupazione. Oggi EStà, attraverso metodi di analisi originali, sta indagando due settori produttivi del territorio lombardo: l’agroforestale e l’automotive. Nel primo caso per valutare scenari carbonico-occupazionali relativi a scelte sul cosa e sul come coltivare nella regione: quando e dove è meglio destinare un terreno a foresta o a un determinato tipo di coltivazione? Con quali tecniche si ottengono quali risultati ? Che tipo di combinazione di impatti carbonico-occupazionali si produce con ciascuna scelta? Nel secondo caso per analizzare i rischi effettivi e i potenziali di creazione di nuovo impiego all’interno della transizione tra auto endotermica e auto elettrica: quali tipologie di veicoli permettono di rispettare gli obiettivi della legge climatica europea? In Lombardia quali occupati e in quali settori sono esposti alla transizione e ai rischi occupazionali? Quali nuovi posti di lavoro e in che settori è legittimo attendersi dal cambio di produzione automobilistica?

Il modello di analisi applicato da EStà  deriva da una serie di presupposti teorici e di metodo applicati nell’analisi empirica: l’analisi della struttura economica complessiva e della relazione tra domanda e offerta; lo studio sul livello di specializzazione produttiva dei sistemi economici come cartina di tornasole delle potenzialità per un’occupazione di alta qualità, l’esame dei dati primari ricombinati con il sapere degli attori chiave per fotografare in maniera dettagliata e realistica gli impatti sulle emissioni e sui posti di lavoro; l’utilizzo di indicatori primari e di indicatori ricombinati per offrire diversi livelli di sintesi della situazione esaminata; l’uso di domande di ricerca che rispondano ai bisogni di chi utilizzerà i risultati per prendere decisioni; l’uso di linguaggi testuali e infografici rigorosi, ma non tecnici, per facilitare le letture; le raccomandazioni di policy argomentate da evidenze scientifiche per connettere il mondo della ricerca ai bisogni socio-politici; la scenarizzazione per facilitare la presa di decisioni attraverso cruscotti integrati socioeconomico-ambientali. Un bagaglio teorico e metodologico in continuo sviluppo per  affrontare adeguatamente una fase probabilmente epocale dello sviluppo economico: il passaggio da un modello produttivo basato sull’energia fossile, ad un modello basato sulle energie rinnovabili. L’ultima volta che l’umanità ha cambiato il tipo di fonte energetica di riferimento è iniziata la Rivoluzione industriale.

 

 

La resilienza per le PMI tra digitalizzazione e territorio. Il caso dello Spazio Alpino.

“Come rafforzare la resilienza delle PMI nello Spazio Alpino?” è la domanda di ricerca che ha guidato lo studio di EStà all’interno del progetto AlpGov2 di EUSALP, l’agenda strategica della macro regione alpina.

Il report prodotto da EStà ha investigato i concetti di vulnerabilità e resilienza attraverso una metodologia di indagine mista. Da una parte, un set di indicatori socioeconomici offre un’ampia panoramica del sistema manufatturiero della regione alpina, dall’altra i risultati dei questionari alle PMI e delle interviste ai principali stakeholders del progetto indagano le capacità di innovare, di integrare l’economia circolare e la digitalizzazione nei processi produttivi e di costruire una rete di forti relazioni esterne.

I principali risultati delle analisi quanti-qualitative hanno permesso di costruire una matrice di vulnerabilità che restituisce in modo diretto e graficamente efficace il grado di vulnerabilità delle filiere produttive (quattro oggetto della nostra analisi: legno, chimica, meccanica-meccatronica e plastica) nelle diverse regioni della fascia alpina.

Il concetto di resilienza delle PMI è stato inoltre sviluppato attraverso l’analisi del contesto geopolitico e occupazionale delle regioni alpine, producendo un aggiornamento territoriale della Resilience Dashboard elaborata dalla Commissione Europea.

Il documento delinea un campo d’azione popolato da un ampio insieme di attori che agiscono sull’innovazione in campo normativo, tecnologico e green e che, nei prossimi anni, possono rendere la macroregione alpina protagonista dello sviluppo territoriale europeo.

 L’obiettivo del report è dunque quello di fornire indicazioni strategiche e organizzative alle imprese e strumenti di analisi chiari alle istituzioni e alle organizzazioni di rappresentanza al fine di migliorare la loro offerta di politiche e servizi a sostegno della resilienza.

Bergamo: analisi del sistema alimentare

Che cos’è il sistema del cibo di una città e perché bisogna studiarlo? E perché distinguere ciò che del sistema del cibo si sviluppa in una città come Bergamo da tutto ciò che succede nel mondo?

Il report redatto da EStà, grazie al contributo del Comune e degli attori locali intervistati, cerca di rispondere a queste domande di fondo, alle quali è connessa una serie di questioni e problemi che riguardano le diverse fasi del ciclo alimentare che sono affrontati quotidianamente da molti attori della città: la produzione locale di cibo, i canali di approvvigionamento più utilizzati dai cittadini, l’economia generata dal sistema alimentare, il cibo sprecato e quello recuperato per finalità solidaristiche, l’efficacia dell’educazione alimentare, l’attrattività di un territorio generata dal cibo.

Altre questioni sono in relazione, direttamente o indirettamente, con il modo con cui la città nel suo complesso vive il mondo del cibo. Si pensi ad esempio ai diversi impatti ambientali creati dal modo di produrre, trasportare, distribuire, consumare il cibo e smaltirne gli scarti (o lo spreco) in termini di uso del suolo e dell’acqua, di consumi energetici, di impatti sulla qualità dell’aria e sul clima. Si tratta solo di alcuni esempi che danno l’idea di quanto il cibo impatti su una serie molto ampia di attività in cui sono coinvolte non solo imprese e istituzioni, ma anche l’intera cittadinanza.

L’obiettivo principale di questo report è dunque quello di ricostruire un’immagine complessiva del sistema urbano del cibo. Ovvero intende descrivere il contesto socio-economico ed ambientale di riferimento e delle diverse fasi della filiera del cibo: produzione, trasformazione, logistica, distribuzione, consumo e gestione delle eccedenze e dei rifiuti.

Map4Mi: alla scoperta dell’attivismo geosociale

Map4Mi: alla scoperta dell’attivismo geosociale

26 Febbraio 2019

 

EStá,  Humanitarian OpenStreetMap Team – HOT e Cascina Cuccagna, in occasione della Milano Digital Week 2019, organizzano una giornata dedicata alla scoperta dell’attivismo geosociale.

Doppio appuntamento per giovedì 14 Marzo:

    • dalle 10.30 alle 17.30
    • MAP4MI ZONA 4, un esercizio pratico di mappatura focalizzato sulle percezioni della comunitá di zona 4 sugli spazi fisici presenti in Corso Lodi, comparando le zone piú centrali con quelle piú periferiche.
    •  
  • dalle 17.30 alle 19.30
  • CONFERENZA con la restituzione live della mappatura svolta al mattino, la presentazione del lavoro sul campo svolto da Giulia, Alessandro e Barbara in altri paesi, la presentazione degli strumenti tecnologici disponibili, le implicazioni etiche di questo nuovo tipo di attivismo.

Per iscriverti all’evento usa questo link!

 

 

HOT, team internazionale dedicato alle azioni umanitarie e sviluppo comunitario, illustrerà l’attività svolta in questi anni: un processo partecipativo di raccolta dati georeferenziati. HOT propone l’utilizzo di dati aperti e mappe come uno strumento per facilitare processi di conoscenza del territorio, prevenzione dei rischi naturali, pianificazione urbana, risposta alle emergenze, etc. Grazie a strumenti digitali innovativi è possibile applicare gli stessi concetti ovunque ed anche a Milano favorendo l’inclusione sociale e la partecipazione pubblica nella progettazione di azioni, iniziative e politiche.

Giulia, Alessandro e Barbara illustreranno l’utilizzo di Open Data Kit Collect (ODK), applicazione open source e gratuita, per la creazione, gestione e visualizzazione di dati georeferenziati. Attraverso ODK si possono raccogliere informazioni georeferenziate per censimenti sulla cittá e la popolazione, censimenti sui servizi, e la loro accessibiltá, indagini campionarie sulle percezioni della comunitá, progetti di ricerca sulla mobilitá, e sugli spazi di aggregazione, indagini di mercato e censimenti economici. ODK é uno strumento a costo zero, che richiede, per il suo utilizzo sul campo, una breve formazione, dipendendo dalla alfabetizzazione digitale dei soggetti a cui si rivolge.

 

 

Crediamo che attraverso la trasposizione dei dati raccolti su mappe si possa favorire una visualizzazione comprensiva e trasversale delle sfaccettature della cittá, e delle differenze tra centro e periferia. Per questo motivo abbiamo scelto la prima parte di Corso Lodi come il punto focale dell’esercizio di mappatura, essendo in zona 4 una delle vie che unisce il centro con la periferia.

Durante la conferenza illustreremo l’output dell’esercizio di mappatura prodotto in collaborazione con PoliMappers. Connetteremo le percezioni della comunitá con l’utilizzo degli spazi pubblici nella zona 4 della cittá di Milano.

La conclusione dell’evento prevederá la condivisione delle esperienze dei mappatori ed una riflessione sulla giornata e sul potere degli strumenti digitali per la ricerca, l’azione civile ed il supporto alle politiche.

L’evento è organizzato con il supporto di Exponiamoci ed Assifero.

Il concetto di resilienza all’interno dell’ecosistema urbano

L’ecosistema urbano è sempre più esteso in tutto il mondo e questo processo di crescita è destinato ad accelerare nei prossimi decenni. Si tratta di un sistema fragile esposto a numerosi possibili shock, compresi quelli di tipo climatico derivanti dal riscaldamento globale. Diventa imperativo accrescerne la resilienza, sotto l’aspetto strutturale ma anche sociale. Questo processo passa per la comprensione del fenomeno, la sua misura, la formulazione di azioni di intervento e la misurazione dei loro effetti.

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