Il concetto di resilienza all’interno dell’ecosistema urbano
4 Gennaio 2017
La città può essere considerata a tutti gli effetti un ecosistema. Certo, un ecosistema artificiale, in cui i flussi di energia sono negativi (si consuma più di quanto si produca) e che necessita per questo di un “intorno” per sopravvivere. Tuttavia le caratteristiche attribuite agli ecosistemi naturali in ecologia possono essere tradotti in concetti utilizzabili anche per il contesto urbano. Tra questi sempre maggior attenzione viene data al concetto di resilienza, valutabile nelle misura in cui l’oggetto di indagine presenta tre capacità fondamentali: la capacità dell’ecosistema di affrontare e rispondere nell’immediato ad uno shock; la sua capacità di adattarsi alle nuove condizioni ripristinando le proprie funzioni; la capacità di apprendere dall’esperienza passata e innovare i propri strumenti di prevenzione-intervento e le proprie stesse funzioni. Due processi in corso rendono il tema della resilienza particolarmente attuale: la crescente urbanizzazione – si prevede che quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città entro il 2050; un cambiamento climatico, rapido e difficilissimo da arrestare, che metterà a rischio ecosistemi fragili come quelli urbani, a loro volta cause principali del riscaldamento globali.
Se a questo aggiungiamo che la città acquisiscono sempre più le caratteristiche di megalopoli, mutando radicalmente la propria struttura e il rapporto con il territorio circostante, è comprensibile che conoscere e interpretare i meccanismi che regolano la resilienza al loro interno diventa una sfida particolarmente utile per l’immediato futuro.
Molto già si è studiato e approfondito riguardo agli aspetti architettonici, infrastrutturali, energetici delle città, quelli maggiormente, o più evidentemente, colpiti dai fenomeni naturali estremi che spesso hanno interessato le aree urbane di tutto il mondo. Così si è accesa l’attenzione verso la progettazione e la costruzione di edifici e infrastrutture pensate per resistere agli eventi catastrofici e garantire sicurezza maggiore a tutto il complesso urbano. Eppure un aspetto fondamentale della resilienza della città nel suo complesso è quello sociale, meno approfondito in letteratura e sul quale gli interventi risultano più complessi. Quali meccanismi sociali accrescono la resilienza di una città?
Il tema non è certo di secondo piano. Vi sono esempi tragici di difficoltà di una popolazione a riadattarsi al mutamento di fattori economici e sociali anche in assenza di catastrofi ambientali distruttive. Sono le cosiddette shrinking cities, di cui troviamo esempi anche nei Paesi più ricchi e preparati. Si tratta di città che sono andate incontro a spopolamento a seguito di un processo di cambiamento cui non sono state capaci di adattarsi (quello di deindustrializzazione per esempio). Particolarmente vulnerabili in tal senso sono quelle che dipendono da una o poche risorse quali ad esempio un’industria particolare o una risorsa mineraria. Attorno ad essa si sviluppano infrastrutture e conoscenze specifiche che rischiano fortemente di divenire inutili e obsolete una volta entrata in crisi quella data industria o settore. Queste problematiche non sono tipiche dell’essere umano, ma sono proprie anche di alcuni ecosistemi naturali molto specializzati. Si pensi a quelli che si sviluppano intorno ad una fumarola nell’oceano profondo, per esempio, totalmente adattati e dipendenti da quella fonte di energia. Di fatto in natura, come nella società umana, gli esempi di degradazione della resilienza e aumento della vulnerabilità di ecosistemi anche ottimamente dotati sono innumerevoli.
La differenziazione delle risorse e delle funzioni e, successivamente, della ridondanza degli organismi (o reti o organizzazioni) operanti quelle funzioni, costituisce la base per l’incremento della resilienza ecosistemica. Nelle società umane la capacità di differenziare le proprie attività, di scovare nuovi fonti energetiche o di reddito, di sapere riadattarsi a seguito di un cambiamento contestuale, passano necessariamente per una serie di meccanismi specifici e condizioni ambientali favorevoli. L’educazione, la tecnologia, le capacità finanziarie dei singoli, la redistribuzione della ricchezza, l’aiuto pubblico verso i soggetti che si trovano in condizioni di svantaggio, l’inclusività nel sistema decisionale, la corruzione, il funzionamento degli organi giudiziari, la criminalità ecc.
Tentativi di misurare la resilienza sociale o, per contro, la sua vulnerabilità, sono stati effettuati mettendo a punto strumenti di indagine come il Social Vulnerability Index (SoVI), che raggruppa 42 variabili numeriche riguardanti le condizioni socio-economiche della popolazione di una data area geografica, traendone poi un indice di vulnerabilità della comunità. Strumenti di questo tipo aprono la strada ad una conoscenza approfondita del fenomeno e soprattutto ad una sua misurazione sintetica adatta ad essere paragonata a quella di altre aree geografiche
Se dunque gli strumenti di analisi iniziano ad essere formalizzati, su un punto rimane ampia la ricerca: quali possono essere le strategie di intervento? E come misurarne gli effetti?