Nei sistemi complessi, i confini contano

© Tom Haugomat, Nobrow 9

Nei sistemi complessi, i confini contano

25 Ottobre 2016

© Tom Haugomat, Nobrow 9
© Tom Haugomat, Nobrow 9
 

Il fiume Whanganui, che con i suoi 290 chilometri è il terzo per lunghezza della Nuova Zelanda, scorre in parte nell’omonimo Parco Nazionale conosciuto per essere l’habitat del kiwi bruno (Apteryx mantelli) e dell’anatra blu (Hymenolaimus malacorhynchos). L’unicità del suo ecosistema non è l’unico motivo per cui verrà ricordato. Nel 2012 il fiume si è reso protagonista di una rivoluzione legale, un accordo tra la comunità locale e il governo centrale, che lo ha dotato di uno status giuridico. Nel tempo, anche altre foreste e riserve della North Island hanno perseguito questa strada, come il Parco Nazionale Te Urewera. Il gruppo Maori che abita queste terre ha stretto un accordo con il governo neozelandese, il Te Urewera Act del 2014, per garantire a questa fetta di terra l’entità legale che le attribuisce tutti i diritti, poteri, doveri e responsibilità di una persona giuridica. Il sistema “Parco Nazionale Te Urewera” e il sistema “fiume Whanganui” si sono evoluti.

Contribuiscono ad essere parte degli elementi del sistema Te Urewera la biodiversità, il prezioso sistema ecologico indigeno, il patrimonio storico e culturale, i luoghi della riflessione spirituale, il rapporto sedimentato con i Tūhoe che lo abitano. Dal 2014 anche un inedito status legale. Questi elementi sono accomunati dall’essere loro stessi dei sistemi. Accettando la definizione contenuta in Thinking in System. A Primer di Donella Meadows, osservano tre caratteristiche: resilienza, auto-organizzazione e gerarchia. Questo basterebbe a spiegare il perché un sistema funziona o fallisce, ma la realtà dei sistemi dinamici dimostra che la dimensione influenza lo scopo per cui un sistema è stato ridotto ad un modello.

Per progettare questo Parco Nazionale sono stati introdotti dei confini fisici. Quando dobbiamo fotografare un sistema, è sempre necessario inventare dei confini. Nel caso del parco possono essere artificiali, naturali o politici; non corrispondono a delle vere e proprie discontinuità fisiche o in qualche modo oggettive. I confini di questo e di tutti gli altri Parchi Naturali (nodi di un sistema più ampio), sono attraversati da popoli, dagli animali selvatici che migrano, dalle acque che scorrono in entrata e in uscita e nel sottosuolo, dagli effetti dallo sviluppo economico ai margini del parco, dal cambiamento climatico prodotto dai gas serra nell’atmosfera. Non esistono sistemi separati, in quanto la Terra, che appartiene anch’essa ad un sistema, è un continuum.

Il fiume Whanganui attraversa l’area protetta del relativo Parco Nazionale solo per una piccola parte dei 290 chilometri per cui si snoda nella North Island. Il confine del pensare ad azioni dirette su questo fiume, ad esempio relative al monitoraggio della qualità dell’acqua, si allarga all’intera asta fluviale e non alla sola parte tutelata, comprendendo anche il suolo che lo circonda e il suo bacino idrografico, ma non lo spartiacque successivo e l’intero ciclo idrogeologico planetario. Allo stesso modo per gestire un parco è necessario pensare a confini più ampi del perimetro ufficiale disegnato sulle mappe, senza arrivare però a considerare l’intero pianeta.

Confini geografici, ma soprattutto confini nei modelli di rappresentazione della realtà. Il Te Urewera, visto la rinuncia del Governo alla sua formale proprietà, è un lembo di terra che agli occhi della legge vale quanto un Tūhoe che lo abita. Il sistema si è trasformato, in quanto il mondo naturale ha acquistato nuove interconnessioni, perdendone altre, allargando e re-stringendo confini.

Da qui l’importanza e la difficoltà nel collocare i confini di un sistema, affinché si inneschino all’occasione le modifiche al suo comportamento, ovvero una variazione controllabile dei flussi di informazione tra le interconnessioni (utilizzando il linguaggio del Sustainability Institute).

La scelta inglese: innovare per il benessere sociale

© Harriet Lee Merrion, Parkinson's Drug without the Side Effects

La scelta inglese: innovare per il benessere sociale

20 Giugno 2013

© Harriet Lee Merrion, Parkinson's Drug without the Side Effects
© Harriet Lee Merrion, Parkinson's Drug without the Side Effects
 

In passato raggiungere il supermercato Sainsbury’s nel quartiere londinese di Islington senza un’auto privata non era semplice. Oggi è invece possibile per tutti: è, infatti, raggiunto dalla linea 812, un community bus il cui percorso è stato disegnato dagli utilizzatori. Concepito in base alle esigenze di anziani e disabili, ma a disposizione di tutti, il percorso 812 collega ai principali servizi: negozi, studi medici e i più importanti centri diurni.
La linea 812 non è semplicemente un’ancora di salvezza per i suoi utenti: è diventata un caso di miglioramento del servizio pubblico attraverso l’impatto sociale. Hackney Community Transport (HCT) è la più importante impresa sociale britannica nell’ambito del trasporti e gestisce i classici double decker rossi di Londra. È nata sui bisogni del suo quartiere, sviluppando il trasporto di alunni, anziani e disabili. HCT ha inserito nel contratto di servizio pubblico stipulato con il colosso Transport for London il concetto di outcome (risultato) superando quello di output (prodotto): la capacità, cioè, di generare nuovi servizi di impatto sociale partendo dagli stessi input (risorse) previsti dall’appalto. Il significato è chiaro: se attraverso l’esercizio del trasporto urbano è possibile dimostrare di aver ottenuto un miglioramento sociale ed economico della spesa pubblica in un settore sociale, questo outcome è un profitto sociale. Come tale può essere contrattualizzato, misurato e in seguito distribuito tra il contractor che l’ha generato e l’ente pubblico che ne ha beneficiato, alla stregua di un profitto economico.

 

Social Value Act

È inoltre possibile ottimizzare gli input dell’appalto, gli autobus, gli autisti, per produrre nuovi servizi nel mercato privato: questi ricavi extra andranno ad abbassare la spesa pubblica legata all’appalto stesso. La Gran Bretagna ha introdotto nel proprio ordinamento il Social Value Act, entrato in vigore alla fine di gennaio 2013, con cui il governo richiede a tutti gli enti pubblici di includere, all’interno dei contratti di servizio pubblico, il benessere economico, sociale e ambientale di una comunità locale. Come è avvenuto per l’Italia con l’avvio della cooperazione sociale, anche in Uk uno dei campi di applicazione più diffuso sarà quello dell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e fragili (persone con disabilità, con problemi mentali, con precedenti penali). Riqualificare la spesa pubblica in modo più saggio, includendo il concetto di “profitto sociale” nell’erogazione di servizi pubblici, è quanto mai opportuno in questo periodo di budget ridotti. Con il Social Value Act gli enti locali mantengono la libertà di cercare fornitori di servizi, con l’aggiunta, però, di dover distribuire valore a una comunità locale, caratteristica, questa, fondativa del terzo settore europeo che può diventare, così, competitivo anche nel Regno Unito. Questa norma mette le imprese private tradizionali sotto pressione per fornire un valore sociale, oltre al profitto economico: sarà forse possibile assistere a un vero e proprio cambiamento nel modo in cui le aziende forniranno i servizi pubblici.